Oggi parliamo di sostantivi, verbi e aggettivi.
Il muro: sostantivo.
Il mio terrazzo si affaccia su un muro.
Il muro era un edificio prima del mio arrivo, subì un grosso incendio doloso. Per me è solo un muro, un muro possente che descrive il perimetro di uno spazio deflagrato.
Il muro ha delle grandi finestre dalle quali traguardo i palazzi della Tiburtina: finestre accese, vite, balconi, corpi scala. Questo muro potrebbe nascondere qualsiasi cosa, io non l’ho mai varcato, se non con la fantasia. C’erano teatri di posa oltre: il saloon, la chiesa gotica, la città di Parigi, un pezzo di New York. Talvolta la musica e le luci invadono questo spazio, forse è un atterraggio alieno, sono Tom Cruise nel film La Guerra dei Mondi, guardo fuori atterrito.
Queste sono le mie impressioni sul muro.
Scopro per caso dal chiacchiericcio che questo spazio si chiama Studios, che intere città e piccoli comuni di Italia partono a frotte per varcare questo muro, per assistere alla trasmissioni televisive preserali. Ma io non ho mai varcato questo muro. Non lo conosco. Non ne concepisco il portato.
Un libro chiuso è un muro, potrebbe contenere qualsiasi cosa, una miriade di concetti interessanti, ma se rimane chiuso posso congetturare solo sul titolo basandomi sul mio sapere, sulla mia esperienza, sulla mia capacità affabulatoria.
Comunicare: verbo.
Un libro aperto è un mondo che propone, che vive, che accende e seduce. Parlare di un libro vuol dire svelarne la natura intima, svelarne le pieghe o semplicemente focalizzare l’attenzione su quali siano i concetti cardine che lo hanno ispirato e quale è il portato del libro o del filone di ricerca che persegue. Ma il passo fondamentale per svelare un libro è sentirlo, ascoltarlo, farsi catturare, assecondarlo. Io ho metabolizzato parte di questo libro, in parte vivo pagine di questo libro, che sono pagine della nostra attualità che mi sono state svelate. Se oggi vedessi una testa di mucca tagliata e coperta di mosche non direi che orrore… ma forse tendenziosamente penserei, guarda un paesaggio Hirst. Solo per citare una parte del libro che sembra colpire i lettori + per i nomi citati che per il ragionamento che è sotteso a quei nomi.
Possibilità: sostantivo.
Io penso che l’architettura del computer sia l’architettura della possibilità non solo della complessità, come qualcuno ha oggi più volte ribadito. Se cancelliamo per un attimo tutte le voci che ci comprimono in un mondo piccolo piccolo dove le possibilità sono trilitiche e accendiamo un pc capiremo quante possibilità esso ci offra oltre lo schermo e quanti mondi da svelare in esso ancora esistano, anche trilitiche.
Liutaio: sostantivo.
Sono certo che Uto Ughi sia un grande virtuoso del violino ma non credo sia liutaio. Sicuramente gli strumenti da lui suonati risponderanno alle sue esigenze e saranno prodotti con i migliori materiali dai migliori liutai. Ma nel caso specifico il violinista è Uto Ughi.
Sintesi: sostantivo.
E’ un grande dono la sintesi. Un risultato da cogliere a piene mani dopo il travaglio dell’analisi.
Amo ascoltare discorsi chiari non autoreferenziali o semplicemente infarciti di inutile politichese.
Tre parole possono svelare un mondo, discorsi compiaciuti e archibugiosi sono una Pompei per chi ascolta, un sicuro colpo di sonno. Per fortuna anche gli oratori compiaciuti hanno talvolta… stanchi di loro stessi e delle loro parole, un guizzo di genio.
Salto generazionale: parola chiave.
Molise dixit: la quercia non può generare le arance.